Salone del Libro di Torino 2022 – un’avventura. Quarta puntata.

terza puntata

Sonno? Sonno poco.

Un po’ per la tensione e l’eccitazione, un po’ perché faceva questo caldo boia, mortale, che mi cuoceva all’ultimo piano dell’albergo. Nonostante la prima sera abbia minacciato una gran tempesta con tuoni e fulmini – che ho considerato un buon auspicio perché io adoro tuoni e fulmini – e poi il giorno dopo faceva tanto caldo quanto il giorno prima.

Eppure non sentivo la stanchezza. In quei giorni sono andata ad adrenalina. Mi dicevo, ora devo crollare per forza. Ora devo iniziare a perdere colpi. Ora non è possibile che sia ancora attiva come ieri. E invece no. Non sentivo la stanchezza, non sentivo fame; mal di testa e mal di schiena li sentivo eccome e bene, ma allora buttavo giù un paracetamolo e via, come nuova. Sano? A lungo andare certo no, ma per quei cinque giorni è stato fighissimo, sentivo quest’energia nervosa che mi scuoteva tutta, una vibrazione costante.

Ad essere onesta però qualche colpo l’ho perso.

Innanzitutto ho perso uno dei miei orecchini preferiti. Non so dove e come, anche se sospetto si sia sfilato per strada una sera mentre tornavo all’albergo. Ho tentato di ritrovarlo ma inutilmente. Adesso mi resta il suo fratello spaiato. Ci mancherai. Spero che qualcuno ti abbia trovato e indossato e che tu non sia finito spiaccicato da una macchina.

Poi, una mattina in albergo mentre mi accingevo a fare colazione, ho lasciato il telefono al mio tavolo per andare a prendere qualcosa al buffet. Al mio ritorno, mi sono resa conto di averlo lasciato con lo schermo acceso e sbloccato, aperto su una chat in cui poche ore prima avevo mandato una mia foto di nudo, che ora campeggiava lì in bella mostra.

Succede anche di questo.

Per fortuna io era verso la fine della sala e non penso nessuno sia passato accanto al tavolo nei pochi secondi in cui ero assente, inoltre si trattava come dicevo di una chat e la foto appariva come uno dei tanti messaggi, non era ovvero aperta a schermo intero. Per fortuna. Certo che quando me ne sono accorta ho dato un’occhiata tutto attorno per vedere se qualcuno reagisse e desse a intendere di averla vista. In particolare la signora seduta al tavolo di fronte al mio, che emanava fra l’altro una potentissima aura femminista anche per via dell’immagine stampata sull’astuccio che si portava dietro, e che lavorava a sua volta al Salone. Se c’era qualcuno che poteva aver visto la foto, era lei. Ma niente. Se qualcuno l’ha vista ha fatto finta di nulla. E la signora poi ha pure comprato il mio libro al Salone, è stata gentilissima.

Spero che il libro le piaccia signora. Grazie ancora. E se non le piace mi scusi. E mi scusi per la foto. E se l’ha vista spero che le sia piaciuta pure quella, e sennò mi scusi ancora, non è stato fatto con intenzione.

A proposito di femminismo, uno dei tanti che si sono fermati a dare un’occhiata al libro aveva delle preferenze… peculiari in materia di letteratura. Prima lo prende in mano, legge la trama, lo sfoglia, tutto normale. Poi mi guarda e mi fa:

«Ma allora il protagonista, Lorenzo, è un adulto?»

So bene che spesso il fantasy è considerato “roba da adolescenti”. È un luogo comune errato, sia perché anche se i protagonisti fossero adolescenti non vorrebbe dire che il libro non possa essere interessante per gli adulti (esempio che faccio di solito, It parla in gran parte di bambini, eppure non credo lo dareste a leggere a un bambino), sia perché non è che tutto il genere fantastico abbia per protagonisti adolescenti, anzi. Inoltre, cos’è poi la “roba da adolescenti”? Non capisco bene perché un adolescente dovrebbe unicamente leggere libri “apposta per gli adolescenti”, né perché questi libri non potrebbero essere interessanti per gli adulti. Cazzo, non ci sarà mica così tanta differenza tra adolescenti e adulti? Specie se si tratta di adolescenti nella seconda metà dell’adolescenza, dai quindici ai venti insomma. Fra l’altro a me pare di essere più adolescente adesso di quanto lo fossi a quindici anni. E a quindici anni leggevo di tutto.

Ma comunque. Divago. Posso capire lo scetticismo. È un luogo comune, questo, che viene sparso a destra e a manca da ogni tipo di media. Ci può stare. Allora sorrido e confermo, sì, il protagonista è un adulto, il libro è pensato per un pubblico adulto.

Il tipo però non è ancora convinto (ci sta pure questo, bisogna essere convinti per comprare un libro), e di nuovo mi domanda:

«Ma ci sono molte emozioni nel romanzo? Storie d’amore?»

Al che io penso due cose: prima di tutto, penso che il tipo magari sia interessato ai romanzi rosa, e mi dispiace perché il mio non è un fantasy rosa, e quindi immagino che a questo punto non lo comprerà. Pazienza. La prima parte della domanda invece mi confonde: è un romanzo. Ci sono emozioni per forza, no? È narrativa, è fatta anche, e forse soprattutto, per intrattenere ed emozionare. Non è un saggio di matematica, insomma (che pure può essere molto emozionante!). Quindi rispondo un po’ titubante:

«Beh sì, emozioni ce ne sono. Storie d’amore però non più di tanto, il protagonista ha una relazione ma non è un tema fondamentale del libro.»

Il tipo pare sollevato, e qui mi svela il mistero:

«Ah! Non è un romanzo prettamente femminile, allora.»

Quindi in pratica lui mi stava chiedendo se il romanzo fosse “roba da donne”, probabilmente visto che io son nata con la figa (una figa bellissima, se mi permettete, e anche se non mi permettete) e con l’utero e tutto il resto, insomma una femmina, al che lui pensava che il libro potesse essere attraente solo per altre femmine.

Altro luogo comune, questo, che odio, e che tollero molto meno di quanto tolleri quello sugli adolescenti: cioè che letteratura scritta da donne sia troppo “emotiva” e solo per donne. Che un uomo non possa trovare interessante una storia che abbia come protagonista una donna. O in generale, che la letteratura che parla di uomini eterosessuali e bianchi sia letteratura per tutti, generale, neutrale, mentre quella che parla di qualsiasi altro tipo di essere umano sia soltanto per il gruppo di appartenenza di tale essere umano.

Io, al mio solito, avevo frainteso tutto – vi giuro che non lo faccio apposta – e pensavo che il tizio fosse alla ricerca di un tipo di romanzo diverso dal mio, mentre lui mi stava chiedendo se era roba da maschi o da femmine o cosa ne so io.

«Ma perché, gli uomini non si innamorano?» gli chiedo quindi.

Lui si mette a ridere. Ridi ridi, che la mamma ha fatto i gnocchi (come si dice dalle mie parti). E poi mi compra il libro. Incredibile.

Una delle vendite di cui vado più fiera. L’aver rifilato il romanzo di una femminista pelosa e puzzolente a uno che fa domande del genere. Chissà. Speriamo che fosse una brutta giornata, o che le domande fossero solo per scherzare (ho i miei dubbi, ma non si sa mai). Sarei curiosa di sapere che ne pensa, poi, del libro. O forse no. Non lo so. Nel dubbio forse è meglio di no.

fine quarta puntata…
quinta puntata

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